Intervista a Carmela Bertone di Michele Peretti – 01/11/2020
Coda (Children of deaf adults) è un acronimo internazionale nato negli Stati Uniti nel 1983 e scelto per indicare i figli udenti di genitori sordi.
Laureatasi in Lettere, Carmela Bertone si è specializzata come docente di sostegno. Ha conseguito altresì il dottorato di ricerca in Linguistica ed è docente a contratto di Lingua dei Segni (LIS) all’Università Ca’ Foscari di Venezia. Attualmente insegna italiano e storia presso l’ISISS Magarotto di Padova.
1) Cosa significa per te essere CODA?
Il significato di CODA è legato a numerose situazioni ed esperienze che poi ciascuno coniuga in modi diversi più o meno personali. Per rimanere nel mio campo, la linguistica, essere CODA significa avere la possibilità di esprimersi in due modalità. La lingua dei segni è una lingua speciale che mette più in contatto con l’intimo perché è immediata, ha spesso lessico e strutture trasparenti che permettono di leggere in maniera più fresca e spontanea il senso e i significati. Arrivare subito all’origine delle parole permette di intuire l’essenza del discorso, permette di capire molto di più delle persone. In italiano ciò è meno immediato. Attraverso la LIS ho imparato ad apprezzare le peculiarità dell’italiano, lingua tanto straordinaria quanto la LIS, che si è sviluppata dall’incontro di più lingue. Significa osservare la norma, che è l’uso, e non la legge. Significa osservare nell’italiano elementi linguistici spesso ignorati, come i classificatori e la gestualità orale, che è parte della lingua. Questo non vale solo per l’italiano, ma per tutte le lingue.
2) Come e quando sei stata esposta all’italiano?
Dalla nascita; ho una sorella, Antonietta Bertone, più grande di me di un anno, interprete, con la quale spesso comunicavo in LIS anche se siamo entrambe udenti. Ho anche un fratello più piccolo di 5 anni, Gianluca Bertone; tutti comunicavamo con i nostri genitori e i loro amici sordi in LIS. Con gli udenti in italiano o in dialetto.
3) Diventare interprete LIS: scelta o senso del dovere?
Non so, forse più dovere. Poi scelta, credo. Infine ho provato la ricerca e l’insegnamento. Mi occupo sempre di sordi e di LIS, ma questa sì, è una vera scelta.
4) Cosa apprezzi della cultura sorda e cosa invece ti piace meno?
Apprezzo il senso di comunità, di appartenenza, di identità in nome del quale si superano anche contrasti molto forti. Una comunità piccola supera guerre e rancori per obiettivi comuni. Non mi piace il fatto che molti non si dedichino alla lotta per i loro diritti ma si accontentino dell’assistenza economica, che di fatto non li fa crescere e non li rende consapevoli delle notevoli competenze che rimangono inespresse, o espresse solo all’interno della loro piccola comunità. Ma questa più che cultura sorda è cultura dell’inclusione sociale italiana che manca.
5) Sulla base della tua esperienza quali sono i benefici di crescere in un contesto bilingue bimodale (LIS e italiano)?
Uno dei benefici è sicuramente la capacità di guardare agli eventi e ai fenomeni con prospettive diverse, l’accettazione della diversità come ricchezza, come opportunità. Nella ricerca ciò credo mi sia stato d’aiuto. In particolare guardare la disabilità non come dis- ma come diversità. Diverso e diversa-abilità è anche divertimento, gioco di fantasia, di immaginazione e non un mero eufemismo. La lingua orienta pensiero, e pensare diversamente è necessario per la felicità di tutti.
6) C’è un episodio legato al tuo vissuto che vorresti condividere con noi?
Oh! Ci sono innumerevoli episodi in cui mi sono finta sorda per sentire i commenti, oppure per non essere disturbata. In uno in particolare, comunicavo in autobus con mia mamma, le persone intorno ci osservavano e io ascoltavo i commenti impietositi e stupiti per la nostra comunicazione perché credevano che fossimo entrambe sorde. Io traducevo a mia mamma i commenti, e lei se la rideva di gusto.
7) Italiano segnato e LIS: una lingua nella lingua?
L’Italiano segnato non è una lingua: è una modalità di italiano. È stato inventato dagli udenti che non erano in grado di decifrare la lingua dei segni e che non erano quindi in grado di capire che essa era altro rispetto a quella parlata. Non conoscevano la LIS.
8) Scuole per sordi: passato o presente?
Futuro. Futuro di inclusione di udenti tra i sordi. C’è una filosofia di fondo che mi fa affermare ciò. Non si può riassumere in poche righe. Il senso è che la scuola generalmente percorre sentieri noti. La sperimentazione e la diversità creano vertigine, soprattutto nei genitori che vogliono una formazione certa, sicura per i loro figli. Ma occorre rivedere in primo luogo la qualità delle persone che vi insegnano. I numeri che contano sono i punteggi in graduatoria e non le qualità.
9) La scuola pubblica è pronta all’inclusione degli studenti sordi?
Eccetto la scuola dell’infanzia e primaria, assolutamente no. Insegno da quasi 30 anni, sono poche le realtà veramente inclusive nella secondaria di primo e di secondo grado. Occorre una mentalità che punti alle competenze e non alle conoscenze.
10) Quali sono le difficoltà che gli studenti sordi sono soliti incontrare nell’apprendimento della lingua italiana?
Una lingua naturale si acquisisce alla nascita. Se l’informazione linguistica è ridotta, frammentaria o assente, è evidente che l’acquisizione sarà compromessa. Poi dipende da tanti fattori: la quantità e la qualità dell’udito, delle protesi/impianto, della rieducazione logopedica, degli input linguistici ricevuti anche in forma scritta… insomma il discorso è molto complesso da poterlo riassumere qui. L’acquisizione della lingua, quindi, presuppone molte variabili. L’apprendimento della lingua invece, è un atto secondario rispetto all’acquisizione. Vale a dire che avviene attraverso la volontà, con una motivazione e con delle forme di insegnamento. Quando si parla di apprendimento di una lingua, ci si riferisce alla seconda lingua. Si può apprendere una seconda lingua se c’è una prima lingua madre naturale altrimenti… è “addestramento” alla lingua: uso di formule vuote con poca creatività del linguaggio. Possibili in rari casi con memoria eccezionale. Esistono sordi in Italia che, ahimé!, non conoscono né lingua dei segni, né italiano, né nessuna altra lingua. Questo è un disastro! La lingua è uno strumento che permette di entrare nel mondo ma anche di andare oltre la realtà concreta, di immaginare attraverso le narrazioni e le fiabe, di rappresentarsi, di dare un nome alle emozioni e ai sentimenti, di fare ipotesi… tutti aspetti che sono parte dell’intelligenza. Ecco, si parla ancora di disabilità uditiva quando la vera disabilità è linguistica e, successivamente, talvolta, cognitiva.
11) I sordi e la didattica a distanza: opportunità o limite?
Entrambe, come per gli udenti. Dipende dalle persone, dalle personalità e dagli stili di apprendimento.
12) Qual è il tuo motto?
Il caos è un ordine da decifrare.
(Saramago)